La tradizione culinaria salentina è caratterizzata dai sapori mediterranei, rustici e semplici allo stesso tempo. Secondo alcuni racconti molti alimenti nascono perchè importati o “contaminati”dalle culture di paesi che ai tempi hanno dominato parti del Salento come i turchi, i saraceni, gli arabi e i greci .
Il salento infatti è uno dei luoghi più esplorati e invasi da diversi popoli stranieri.
Si suppone che il primo albero di ulivo venne piantato dai greci nella terra salentina, nella particolare specie Vallone.
Dai bellissimi e folti alberi di ulivo che oggi vanta diverse specie come: le oialure (oliva nera piccola da cui si ottiene l'olio), lu ciddinu (o osciule da cui si spreme l'olio e che vengono addolcite per degistarle come aperitivo*) la liccina (il maschio delle olive, con una forma più grande rispetto alle oialure e da cui si ottiene meno olio ma è più pregiato, più delicato), la nuciara ( questa è un tipo di oliva che viene raccolta direttamente dall'albero, in dialetto si dice “spuracata”, quando è verde perchè a contatto con la terra diventerebbe acida) e fagiolo (specialità di oliva molto rara per cui si mischia con altre olive per ottenere l'olio).
Il cosiddetto oro di Puglia per il sapore e il colore del suo frutto, l'olio d'oliva è uno dei condimenti più usati nel salento perchè quasi tutti i cittadini possiedono almeno un terreno di alberi di ulivo e producono olio ad uso privato, arricchendo ovviamente anche tutti i piatti tipici salentini.
*le olive vengono messe per 15 giorni in una vaschetta coperte d'acqua e ogni due giorni bisogna cambiare l'acqua. Dopodichè le olive vengono trasferite in una “capasa” di terracotta, si ricopre di acqua, viene aggiunto il sale e le scorze di limone. Infine la capasa viene coperta con uno strofinaccio di cotone o con un piatto e conservato il contenuto fino all'anno successivo quando avviene la prossima raccolta.
Un'altra contaminazione proviene dalla cultura culinaria araba. I "ciciri e tria" sono un raro esempio di archeologia gastronomica salentina.
Il termine "trya" è di origine araba, termine che sopravvive anche in Sicilia, e deriva da "itrya" che in arabo significa pasta secca. Nel procedimento di cottura, infatti, oltre al sapore dato soprattutto dai ceci e per la cottura in un coccio di terracotta, la famosa "pignata” messa al fuoco, si fa una pasta fatta in casa tipo tagliatelle di cui una parte viene fritta.
Molte testimonianze hanno tramandato anche che un alimento immancabile nelle tavole del sud proviene dalla tradizione turca. Si narra infatti che quando i turchi occuparono il territorio salentino (intorno al 1480) non poterono fare a meno di piantare il peperone amaro il cosiddetto “paparussu” presente in molte delle pietanze salentine rendendole colorate e piccanti.
Di seguito una video-guida che ci descrive dettagliatamente la ricetta di Ciciri e Tria Pugliese: